Pasolini affronta tutti questi temi con durezza e senza indulgenza, da intellettuale insomma. Quello che ne emerge è una società uscita dalla seconda guerra mondiale frastornata, passata molto presto dal fascismo del ventennio al fascismo del consumo. La critica probabilmente più importante che Pasolini muove verso la società degli anni '70, che oggi è drammaticamente ancora più valida, è verso la società dei consumi. Definito come il nuovo fascismo e più pericoloso culturalmente rispetto al primo, il consumismo è la caratteristica della modernità, cullata dalle onde di un progresso effimero, del benessere e dei beni di consumo il cui fine è «la riorganizzazione e l'omologazione brutalmente totalitaria del mondo». La democrazia cristiana promotrice di questo passaggio è un'altra vittima illustre dei suoi ragionamenti, colpevole principale dell'omologazione culturale e del passaggio dell'Italia da contadina e paleoindustriale ad una borghesizzazione vuota, «falsamente tollerante, americaneggiante». La chiesa, inoltre, reazionaria per definizione e indissolubilmente dalla parte del potere che «non può che agire al di fuori dell'insegnamento del Vangelo».
Scritti corsari sembra quasi un epitaffio, una summa delle posizioni pasoliniane sull'Italia e sul mondo moderno e forse non è un caso che sia stato l'ultima sua pubblicazione, a cavallo della sua morte. Spesso si sente ripetere che un libro o un pensiero siano ancora attuali, la maggior parte delle volte sono grandi banalità. In questo caso però non si può non sostenere che in Scritti corsari siano racchiuse alcune fra le più lucide e profonde riflessioni del più grande intellettuale italiano del dopoguerra; riflessioni senza tempo.
«L'uomo medio dei tempi del Leopardi poteva interiorizzare ancora la natura e l'umanità nella loro purezza ideale oggettivamente contenuta in esse; l'uomo medio di oggi può interiorizzare una Seicento o un frigorifero, oppure un week- end a Ostia.»
«Ho sempre pensato, come qualsiasi persona normale, che dietro a chi scrive ci debba essere necessità di scrivere, libertà, autenticità, rischio. Pensare che ci debba essere qualcosa di sociale e di ufficiale che "fissi" l'autorevolezza di qualcuno, è un pensiero, appunto aberrante, dovuto evidentemente alla deformazione di chi non sappia più concepire verità al di fuori dell'autorità.»
«I democristiani si sono sempre fatti passare per antifascisti: ma hanno sempre (alcuni forse inconsciamente) mentito. La loro strapotenza elettorale degli anni cinquanta e l'appoggio del Vaticano, hanno consentito loro di continuare, sotto lo schermo di una democrazia formale e di un antifascismo verbale, la stessa politica del fascismo.»
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