Dopo venti anni e mezzo di lotta il Subcomandante Marcos si toglie il passamontagna. Ad annunciarlo è stato lo stesso guerrigliero lo scorso 25 maggio sul palco de La Realidad, comunità autonoma della Selva Lacandona in Chiapas, in occasione dell’omaggio a Galeano, militante zapatista ucciso dai paramilitari lo scorso 2 maggio.
Lo ha fatto col suo stile classico, leggendo un lungo comunicato nel quale ha ripercorso le fasi dell’insurrezione zapatista, dagli albori del capodanno ’94 alla situazione attuale, concludendo appunto con un saluto ai compagni di lotta e con l’annuncio che l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale non parlerà più tramite la sua voce. Alle 2:08 del mattino, al termine della lettura scende dal palco: «Dichiaro che cessa di esistere il Subcomandante Insurgente Marcos», queste sono le sue ultime parole.
Si spengono le luci e un’orda di applausi accompagna l’uscita di scena del più conosciuto guerrigliero che l’America Latina abbia conosciuto dai tempi di Ernesto Che Guevara. Pochi minuti dopo si sente una voce fuori campo: «Buone albe, compagne e compagni. Il mio nome è Subcomandante Insurgente Galeano», tra lo stupore dei presenti che si chiedono se qualcun altro porta lo stesso nome; poi la stessa voce precisa: «mi hanno detto che quando sarei tornato a nascere lo avrei fatto in collettivo». Era l’epitaffio dell’ormai scomparso portavoce Marcos, sacrificato per lasciare il posto alla rinascita del militante Galeano.
Marcos è riuscito a resistere più di venti anni senza togliersi quel passamontagna divenuto un simbolo di lotta contro le ingiustizie e uno spauracchio per il potere. È riuscito a tenere segreta la sua identità per non regalare al governo messicano la possibilità di conoscerla e quindi di poterlo screditare davanti all’opinione pubblica, magari costruendone ad arte una immagine distorta. Lui che si è sempre proclamato un compagno come gli altri, messo a disposizione dell’EZLN perché sapeva parlare castigliano, capo militare ma lontano dal comando assoluto che rimane sempre nelle mani della comunità indigena. È quindi soprattutto grazie a Marcos se le vicende zapatiste sono state conosciute in tutto il mondo, perché attraverso di lui gli indigeni hanno sempre parlato.
Forse si chiude un’era, magari solamente un capitolo o forse non cambierà nulla. Di sicuro le ripercussioni di questa decisione, così come i motivi ancora sconosciuti, si comprenderanno veramente solo in un secondo momento. Per ora cessa di esistere la sua figura, ma non cessa di esistere la sua anima, perché come ha sempre ricordato, dove esisterà sfruttamento là esisterà anche un Marcos: «Se volete sapere chi c’è dietro il passamontagna, è molto semplice: prendete uno specchio e guardatevi».
Comunicato // Latinoamerica
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