Quesito latino per eccellenza, enigma dei grandi movimenti incentrati sulla figura di un solo uomo, anche l’Argentina affronta, con un certo anticipo il problema che vive oggi il Venezuela di Chavez, la Cuba di Castro e che ha superato invece il Brasile di Lula, diventando il Brasile di Dilma: a chi passare il testimone?
© (foto: Cristina Kirchner / Twitter)
Quando mancano ancora due anni alle prossime elezioni politiche, in Argentina si torna a parlare della successione a Cristina Kirchner. Il motivo del rilancio di questo tema, in anticipo sui tempi, è che con tutta probabilità Cristina passerà il suo testimone nientemeno che a sé stessa. Proprio in questi giorni Julio De Vido, ministro della Pianificazione e storico braccio destro dei Kirchner, si è esposto direttamente sulla questione dichiarando che la candidata del partito di governo, Frente para la Victoria, è ancora la Presidenta. La Kirchner però è già al secondo mandato di governo consecutivo e per poter presentare la propria ricandidatura è necessaria una riforma costituzionale che gliene consenta un altro, il quale diventerebbe addirittura il quarto mandato kirchnerista consecutivo (prima infatti fu il marito Nestor il titolare della Casa Rosada).
Il problema della successione politica è caratteristica dei governi di sinistra latinoamericani, specialmente dei grandi governi socialisti che stanno caratterizzando questa epoca ed ogni paese sembra avere la propria personale ricetta. Il caso di Cuba può essere considerato a sé stante e forse troppo particolare per farne una regola generale, mentre quello del Venezuela risulta più simile: qui, la questione della successione a Chavez è da sempre al centro della politica interna ed oggi sempre più preminente visti i gravi e noti problemi di salute che lo affliggono. Il successore, almeno dalle parole pronunciate dallo stesso Chavez prima di venire operato, sembrerebbe però già essere designato: l’attuale vice-presidente (e Ministro degli Esteri) Nicolas Maduro, ha infatti ricevuto l’investitura diretta.
In Brasile, al contrario, questa problematica è stata lontana dalle agende politiche dei governanti. Nel momento della successione, Lula non pensò ad una sua eventuale ricandidatura e passò il testimone direttamente alla sua Ministra dell’Interno (ed ex Ministra dell’Energia) Dilma Rousseff. In Argentina il discorso è diverso perchè probabilmente non esiste, ad oggi, un possibile successore. Trovare una figura nuova ed ugualmente carismatica dopo dodici intensi anni di kirchnerismo non è certo facile ed il fatto che De Vido si sia in un qualche modo tirato fuori dalla contesa, spiana la strada alla possibilità di ricandidatura della Kirchner, che ufficialmente non si è ancora esposta. Lo stesso Agustin Rossi, capogruppo alla Camera del Frente para la Victoria, ha dichiarato che al momento non si sta lavorando a nessuna riforma costituzionale in questo senso.
Un altro aspetto importante da tenere in considerazione e che probabilmente peserà sulla scelta finale, è la continuità di quell’integrazione latinoamericana che ha portato i paesi del Mercosur ad essere, insieme, la quinta potenza mondiale. Un’integrazione tanto economica quanto politica, specialmente dal momento della sospensione paraguayana e del conseguente ingresso venezuelano, che non verrebbe variata nel caso di una rielezione kirchnerista.
Da un punto di vista democratico, la regola generale dell’alternanza è opportuna, così come la valutazione del rischio di un prolungato controllo del potere politico, in un paese che da questo punto di vista ha vissuto periodi bui.
Certo è che le regole istituzionali sono fatte per il popolo e se il popolo le volesse modificare, nulla può vietarlo. Quello stesso popolo che per due volte ha eletto Cristina alla presidenza, la seconda delle quali con un indiscutibile 54,11% (10 punti più della sua prima elezione) potrebbe rivolerla nuovamente alla guida ed in questo caso solamente la stessa Presidenta potrebbe impedirlo, non ricandidandosi. Un buon banco di prova per valutare questa volontà popolare e di conseguenza le prossime mosse governative potrebbero essere le elezioni parlamentari che si terranno quest’anno. Nel caso di un nuovo successo la strada verso una ricandidatura le si potrebbe sorprendentemente schiudere davanti.
L’eventuale possibilità di riproporsi, chiunque sia il candidato, indipendentemente dal numero di mandati e da come abbia governato è bene ricordare che non è sinonimo di automatica rielezione e che un sistema di contrappesi (come il Referendum revocatorio previsto in Venezuela) è sempre concepibile. La decisione finale, in altre parole, spetta al popolo nel segreto dell’urna.
Daniele Carpi per Pangea News - America Latina Quotidiana
articolo pubblicato il 29/01/2013
Pangea News
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