América Latina, Fútbol, Rock'n'Roll

03 agosto 2011

Jack Kerouac - Sulla strada

Contare le pagine che mancano alla fine del libro ed accorgerti che quelle avanti sono più numerose di quelle dietro, non è certo un sintomo positivo.
Tralasciando un momento il significato di questo libro, ovvero il grande e se vogliamo iper-inflazionato tema del viaggio qui inteso nel vero senso dinamico e fisico del concetto che sta dietro la parola. Si tralasci, dicevo, questo aspetto seppur importante per soffermarsi invece sull’aspetto comunicativo del romanzo. I temi affrontati - le avventure magnifiche ai limiti dell’assurdo - sono notoriamente entusiasmanti, ma vengono descritti come una sequela di fatti senza soluzione di continuità. Immergersi nella lettura di quest’opera sembra quasi trovarsi di fronte ad una infinita lista di nomi di paesi, auto, semplicemente posti, nomi, confusioni e tutto ciò non è per nulla stimolante al netto delle premesse.
Il caos regna sovrano e l’eccitazione per aver cominciato un’opera così mitica presto delude le aspettative che si erano venute a creare, se non altro in quanto esiste una mistica dietro questo libro forse più grande della sua stessa fama. Stilisticamente di scarso valore, offre una lettura ahimè poco interessante e, in definitiva, noiosa e asettica, praticamente come un libro che parla di musica. In quasi quattrocento pagine di narrazione non esistono cambi di ritmo o di gradazione del racconto, tanto che si potrebbe benissimo leggere a capitoli mescolati e non se ne intuirebbe la differenza; come è altrettanto vero che ne basterebbe leggere uno per arrivare alla conclusione del libro e poco importa cosa faranno alla fine Sal, Dean e tutta la compagnia, perché sarà esattamente quello che ti aspetti dal secondo paragrafo in poi, non ti sorprenderanno.
Questa è la cosa più frustrante: la mancanza di un vero momento di rottura ed un continuo flusso di avvenimenti incapaci di trasmetterti una vera eccitazione; dopo tutta la fatica che hai fatto per arrivare sin lì ti accorgi che il sunto del discorso altri lo hanno espresso con una mezza frase. [«La strada era tutto» Charles Bukowski, Quando eravamo giovani, 1977]
Questa avventura avrebbe tutto per farti esclamare un wow intenso una volta girata l’ultima pagina, ma non ci riesce - e questa cosa, francamente, delude.


«Andiamo a Los Angeles! Urlarono
Che ci andate a fare?
Diavolo, non lo sappiamo. Che importa?»

«Alle quattro del mattino nelle strade vuote di Houston passò rombando un ragazzo in motocicletta, tutto scintillante e incrostato di bottoni luccicanti, visiera, giaccone nero lucido, un poeta notturno del Texas, con la ragazza aggrappata alla sua schiena come un bambino indiano, capelli al vento; andavano avanti, cantando: “Houston, Austin, Fort Worth, Dallas – e talvolta Kansas City – e talvolta la vecchia Anton, ah-haaaaa!»

«Hai maledettamente ragione risposi, e cominciammo a fare i bagagli con tanta furia quanto ce lo permettevano le mani. Con la cravatta ciondoloni e le code della camicia fuori, salutammo in fretta la nostra dolce famigliola e ci avviammo traballanti verso la strada protettrice dove nessuno ci conosceva.»

1 commento:

  1. mi dispiace che tu abbia travisato il senso dell'opera e non sia riuscito ad avvertire la carica poetica di un libro come on the road. la stessa tematica del viaggio, di cui parlavi, non è riconducibile all'homo vacans, quanto più all'homo viator: un uomo che non vaga, ma viaggia in cerca della vita più vera. ovvio, la storia di un viaggio del genere non può risolversi semplicisticamente in un finale da film. questo perchè Kerouac non trovò mai la verità che stava cercando. Un ritratto dell'America underground di quegli anni, quindi, senza esagerazioni. dal punto di vista strettamente stilistico-letterario, Kerouac ha condizionato la letteratura americana del dopoguerra fino ad oggi, teorizzando e attuando la cosiddetta "spontaneous prose" (prosa spontanea), senza la quale non avremmo avuto Bukowski, ad esempio. così come senza Blake o Hemingway non avremmo avuto Kerouac.

    questo, usando le parole dello stesso Kerouac, era il movente della sua ricerca in On the road:

    «Perché per me l'unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano, come favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni attraverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno Oooohhh!»

    non proprio un concetto riassumibile in mezza frase.

    RispondiElimina