«Anarchia è parola che viene dal greco, e significa propriamente senza governo: stato di un popolo che si regge senza autorità costituite, senza governo.»
Errico Malatesta, forse la personalità più celebre nel panorama anarchico-libertario italiano, comincia così il suo saggio più importante, scritto nel 1919 ed intitolato L’Anarchia – il nostro programma, nel quale inserisce, fra l’altro, il programma che diventerà (e sarà tuttora) quello ufficiale della F.A.I.
Malatesta ci dà una visione del termine Anarchia come di un’utopia fondata sul consenso dal basso e della partecipazione attiva alla vita della comunità (diversificando il termine da quello di società) di tutti gli uomini e le donne liberi che vivono all’interno e per essa. Anarchia quindi, sembrerebbe un termine utopico ma razionalistico allo stesso tempo in quanto potrebbe considerare come anarchiche anche tutte quelle comunità, grandi o piccole che siano, di lavoratori, di componenti di una stessa classe o cultura sociale o anche più semplicemente di un gruppo di amici o conoscenti non basati su forme piramidali di “gestione del potere”, nelle quali tutti partecipano alla vita e alle scelte del gruppo. Ovviamente l’intento di Malatesta e del Movimento Anarchico in generale è molto più ampio e aulico, ma non viene mai trascurata la base, nella quale risiede la forza del Movimento stesso.
Anarchia e Anarchismo sembrerebbero quindi avere due significati razionalmente diversi: il primo sembrerebbe indicare il “fine” dell’anarchismo, ciò per cui si deve lottare, l’utopia di realizzare una società di eguali alleviando dalle tirannie dei potenti le masse sottomesse e sottovalutate. Anarchismo, invece, sembrerebbe indicare l’insieme di “mezzi” per arrivare all’Anarchia: la lotta politica e la lotta economica in primis. Questa differenza sarebbe avvalorata dal fatto che Malatesta, nel suo scritto, non utilizza mai la parola anarchismo, ma sempre anarchia, indicata come il fine da perseguire, «questa società di liberi, questa società di amici è l’anarchia».
Questo mi porta ad una considerazione sulla molteplicità del Movimento e delle idealità anarchiche. Da queste parole mi sembra di poter avvertire il duplice sentimento del movimento: da una parte l’ortodossia e dall’altra parte l’eterogeneità di visioni e di idee. La prima sarebbe incarnata dall’Anarchia, e costituisce ciò a cui si vuole arrivare, la società libera di eguali, fine comune a tutti gli anarchici senza distinzioni. La seconda sarebbe invece l’Anarchismo, che costituisce una molteplicità di visioni del concetto di “ciò che è anarchico”, così da arricchire e allo stesso tempo di diversificare le ideologie presenti. Questo spiega anche in gran parte le differenze che si possono riscontrare fra gruppi o personalità anarchiche su vari temi, fra cui quello del «cretinismo astensionista» berneriano, ovvero il mettere in discussione il concetto di astensionismo dalle elezioni politiche, che era e rimane uno dei punti di discussione nel panorama libertario. Questo era ciò che cercava di spiegare bene anche Nico Berti al Convegno su Camillo Berneri nel maggio scorso, quando palava – paradossalmente - di scoprire, di indagare se l’utilizzo del nucleare fosse compatibile con gli ideali anarchici, e se qualcuno scoprisse che lo è, allora sarebbe giusto seguirlo.
Anarchia è intransigenza, perchè è incontestabile il fine da perseguire, Anarchismo è libertà, perchè ognuno è libero di intendere la propria visione di ciò che è anarchico.
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