Non è un libro normale, non lo può essere già dal titolo.
Nella lettura alcune parti sembrano essere ripetitive (soprattutto i racconti centrali), ma come sostiene Beniamino Placido "rispetto alla tradizione letteraria americana si sente che Bukowski realizza uno scarto [...] In questa scrittura fa irruzione con una cosa nuova. La cosa nuova è lui stesso, Charles Bukowski. [...] Lui, forse un genio, forse un barbone". E si sente tutta la visceralità dello scrivere, rigorosamente a macchina (il suono del ticchettio lo concentrava), rigorosamente in prima persona, nei racconti sputati fuori come fossero i conati di vomito di una notte troppo vissuta, di un barbone che sapeva scrivere.
Questa è la verità di Bukowski: un cencioso, vecchio, sporco e biofobico sbattuto in un ufficio del Post Office a scoprire che il mondo è impazzito, che l'Lsd non è poi tanto peggiore della televisione. Cosa poteva diventare, se non uno scrittore?
Forse, un barbone.
"Uno ch'è stronzo su 'sta terra, stronzo è anche sulla luna, nessuna differenza"
"Non è detto che debban cacare in testa sempre allo stesso uomo"
"Non è detto che debban cacare in testa sempre allo stesso uomo"
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