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11 settembre 2006

L' 11 settembre non è solo Torri Gemelle

Nato il 31 Agosto 1900 a Carrara in un’Italia immersa dai problemi, Gino Lucetti visse a pieno l’esperienza della Grande Guerra che lo segnò nella sua adolescenza e che ne condizionò senza ombra di dubbio la sua persona. Condannato all'emigrazione in Francia nel 1925, tornò in Italia l'anno successivo per avere la propria rivincita col destino. Già nel 1900 era stata la volta dell’attentato a Umberto I° re d’Italia ad opera di un militante anarchico, Gaetano Bresci, e numerosi saranno in seguito i tentativi di risolvere i problemi con una bomba. Era l’ora degli individualisti e Lucetti era un individualista.


La storia dell'anarchico Gino Lucetti è raccontata dallo splendido libro di Lorenzo Del Boca, Il dito dell’Anarchico che traccia l’identità del piccolo marmista di Avenza, terra carrarina storicamente legata all’ideologia anarchica, diviso a metà dalla militanza e dall’amore per la sua Sartina. Già appena adolescente capisce che quello che stava per avvenire era uno di momenti più bui della storia italiana: vede nascere il Pnf, assiste indignato alla marcia su Roma, anno 1922 e subisce anche in prima persona le randellate nere delle squadracce fasciste. Da quel punto nasce in Lucetti l’ansia del raggiungimento del suo unico scopo, dell’unica via per liberare e liberarsi dall’oppressione: quello di uccidere il primo ministro italiano, Benito Mussolini. Più di un desiderio era un’ossessione, che lo accompagna per tutta la sua vita, fino alla sua tragica scomparsa.
Nato il tiranno era inevitabile che nascesse il tirannicida ed egli non poteva essere altri che Gino Lucetti, anarchico individualista.
Era già da un paio di giorni a Roma che studiava le mosse del dittatore, tutti i giorni alla stessa ora la sua auto si spostava da Palazzo Chigi a Villa Torlonia, con puntualità maniacale e ogni giorno Gino si preparava, si armava, ormai si identificava unicamente col suo progetto.
Quel giorno, l’11 settembre 1926, il Giovannini si sedette al solito bar Nomentano, bevve il solito caffè, come se non dovesse succedere niente, quasi come se non sapesse che quello era il giorno in cui lui andava incontro alla Storia. Si appostò dietro ad un chiosco ad attendere la puntualità maniacale del duce; quando vide l’auto corse e scagliò la bomba che rimbalzò sul tettuccio e scivolò a terra esplodendo quando ormai non poteva fare danni. La fuga non ci fu, non aveva paura di ciò che gli poteva accadere perché sapeva che lo avrebbero trovato, non aveva paura per sé, ma solo che il suo tentativo non fosse andato a buon fine.
La condanna non si fece attendere ed arrivò imminente: recitava 30 anni di galera forzata presso il penitenziario all’isola di Ventotene. Arrivò anche il giorno della sua liberazione, nell’estate del 1943 quando i nemici della seconda guerra mondiale divennero gli alleati. Subito dopo la sua liberazione, a Lucetti sono state lasciate solamente alcune ore di libertà perché morì per una scheggia che lo colpì in seguito ad un bombardamento.
La sua Nella Menconi volle come ricordo del suo anarchico un suo dito che si staccò dal resto del corpo. Questo dito segna per tutti i militanti anarchici, per i compagni ed amici carrarini il simbolo della lotta e della dedizione.
Aveva lasciato tutto, la famiglia, l’amore per la sua Sartina, i compagni, per dimostrare che la battaglia per un ideale vale più della stessa vita.
I suoi funerali vennero celebrati con grandissima partecipazione popolare, e per ricordare l’attaccamento che Avenza aveva con il suo Gino, venne intitolata al suo nome la piazza.





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