América Latina, Fútbol, Rock'n'Roll

06 novembre 2014

Pino Cacucci - In ogni caso nessun rimorso

Mi capita raramente di leggere un romanzo, e leggerlo con piena soddisfazione è cosa rara, ma questa è una di quelle volte. Ho amato ed amo tuttora Pino Cacucci per le sue storie dall'America Latina, per il suo modo di raccontarla come non riesce a nessun altro narratore, per il suo stare dalla parte degli ultimi.
Questo romanzo potrebbe apparentemente sembrare quanto di più lontano dai canoni dello scrittore bolognese ci possa essere. Narra infatti la storia, con una estrema perizia documentaria, di Jules Bonnot, operaio francese votato all'anarchia per aver sperimentato sulla sua pelle la sopraffazione, l'essere carne da macello. Bonnot, appassionato di motori e grande esperto meccanico, tanto da diventare l'autista dell'inventore di Sherlock Holmes, fu il primo rapinatore ad utilizzate l'automobile per i suoi colpi strepitosi. Insieme ad una banda di anarchici individualisti seminò il terrore nella Francia di inizio secolo, consapevole che «milioni di esseri umani nascono poveri, ma sono pochi quelli che si consumano e contorcono per quel fuoco acceso da una sensibilità nefasta», e lui era uno di questi.
Ma Jules Bonnot non era solo un senza patria, un rifiuto per la società del tempo. Nel suo essere estremo portava con sé un romanticismo intenso, tipico di chi consegna la vita nelle mani di un'idea, che lo getterà fra le braccia della prostituta Nicolette che gli diede aiuto, della moglie Sohpie che non riuscì a cambiarlo, della bella Judith con la quale non passerà mai l'Oceano e perchè no anche del socio Platano e della sua fiaccola tatuata sul braccio (simbolismo anarchico).
Ma pensandoci bene anche questo romanzo in un certo modo non si discosta dai canoni "cacucciani", sebbene sia ambientato in un luogo completamente opposto dai paesaggi mozzafiato del Messico moderno o dalle strade polverose di San Isidro. Quello che rimane lo stesso però è la necessità di raccontare di povere genti sfruttate e disagiate, ma che mantengono intatta tutta la loro carica umana, che portano con sé valori veri ed intrinseci alla propria condizione. E questi valori sono uguali sia in Francia che in Messico.
Sono persone e sono luoghi che si potrebbero ritrovare oggi nelle banlieues parigine o nelle zone portuali di una qualsiasi città francese affacciata sull'Atlantico; così come in interi quartieri delle metropoli italiane o di una certa periferia tedesca, croata, inglese, latina, nordamericana. In tutto il mondo.
Come tutti gli utopisti, i rivoluzionari, i banditi, anche nelle ultime pagine della biografia di Jules Bonnot non c'è spazio per la redenzione. Nessuna pietà per chi dalla vita chiedeva solamente un pasto caldo, un po' di felicità e magari un amore vero. Una vita con dei rimpianti, forse sì, ma in ogni caso nessun rimorso.



«Non era solo per i soldi, ma soprattutto per la soddisfazione di fregare chi si ingrassava e scialacquava denaro sfruttando i suoi simili.»

«Ma è la mia sensibilità che mi farà vivere sempre e comunque contro una società che ha bisogno dei poliziotti per conservare il potere. Anche a dispetto dell'intelligenza, commissario. A dispetto di tutto e di tutti. Se il mio destino è di restare eternamente un eretico... tanto peggio. Vorrà dire che morirò senza rimpianti, con tutti i miei dubbi, ma con una sola certezza: di non essere mai stato complice dell'orrore, del sopruso, degli oppressori d'ogni sorta, qualunque sia il colore e l'ideologia che li anima.»

«Prima di mettersi in marcia verso la stazione, Jules rimase a fissare le onde che si infrangevano sul bagnasciuga con un fragore assordante. Solo in quel momento, pensò a Judith: l'appuntamento a Le Havre, la nave per l'Argentina, il lungo viaggio, l'odore della sua pelle, la luce negli occhi quell'ultima volta che l'aveva stretta fra le braccia...»

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