Galeano riesce a mettere in queste pagine tutta la venerazione possibile, riportandoci in un attimo all'essenza stessa di quello che non viene considerato un semplice sport, ma un momento sacro, dove lo stadio si trasforma in chiesa e i tifosi in credenti che esibiscono le proprie divinità. Insieme a questo c'è però anche tanta delusione per un calcio che non c'è più, spremuto dal mutamento in business al servizio dei potenti padroni, degli sponsor, dei soldi della FIFA e di tutti quelli che gli girano attorno, riducendo i giocatori ad una merce, svuotandoli dell'estro ed infarcendoli di muscoli e dettami tattici.
Non potevano mancare anche i capitoli dedicati a tutti i Mondiali di calcio disputati, partendo dal primo giocato nella sua terra d'origine nel 1930. Per ciascuno di loro fa un riassunto delle migliori partite, delle batoste storiche (Maracanazo) e dei protagonisti, ma soprattutto del momento storico e culturale che si stava vivendo. Giocati ogni quattro anni, sono sempre stati lo specchio della realtà sociale e politica, basta pensare a quelli giocati sotto il fascismo o la dittatura militare argentina, senza scordarsi «le fonti ben informate di Miami [che] annunciavano l'imminente caduta di Fidel Castro, che sarebbe stato rovesciato nel giro di poche ore»; ma vengono scanditi anche dalle pubblicazioni dei capolavori letterali e musicali di quegli anni. Splendori e miserie è quindi un libro sul calcio ma anche sulla società, semmai queste due cose siano mai state scollegate.
«L'esperanto del pallone univa i poveri del posto con i braccianti che avevano attraversato il mare da Vigo, Lisbona, Napoli, Beirut o la Bessarabia che sognavano di fare l'America innalzando pareti, sollevando pesi, infornando pane o ripulendo strade. Gran bel viaggio aveva fatto il football. Era stato organizzato nelle scuole e nelle università inglesi, e in America del Sud rallegrava la vita di gente che non aveva mai messo piede in una scuola.»
«Si sbagliano di brutto quelli che credono che le misure fisiche e gli indici di velocità e di forza determinino l'efficacia di un giocatore di calcio, come si sbagliano di brutto coloro che credono che i test di intelligenza abbiano qualcosa a che fare con il talento o che esista una qualche relazione tra la misura del pene e il piacere sessuale. I buoni giocatori di calcio possono non essere dei titani scolpiti da Michelangelo e anche molto meno. Nel calcio, l'abilità è più determinante delle condizioni atletiche, e in molti casi l'abilità consiste nell'arte di trasformare i limiti in virtù.»
«Poche cose accadono, in America Latina, che non siano in rapporto, diretto o indiretto, con il calcio. Festa collettiva o collettivo naufragio, il calcio occupa un posto importante nella realtà latinoamericana, a volte il più importante dei posti, malgrado sia ignoto agli ideologi che amano l'umanità ma disprezzano la gente.»
Nessun commento:
Posta un commento