Roma – Povertà, F35 e Dolce Vita: a Roma per una tappa del suo viaggio in Europa, il presidente statunitense Barack Obama, non ha rinunciato alle frivolezze.
Definito come un presidente "part-time" dal settimanale americano Time - dei primi quindici mesi del suo secondo mandato ne ha passati solo la metà alla Casa Bianca, il palazzo presidenziale -, alla vigilia della giornata che prevedeva l’incontro con Renzi ha cenato nel giardino dell’hotel Eden, dove ha alloggiato con la sua delegazione. Sedendosi al "tavolo Fellini", in precedenza riservato al regista, ha scelto come visuale la cupola di San Pietro. "Come cattolico fervente – ha fatto sapere l’hotel -, ha preferito, sulla terrazza panoramica, l'angolo con vista sul Vaticano".
Conosciuto per i suoi amici VIP, dalla modella ed attrice Eva Longoria alla coppia Beyoncè-Jay Z, il presidente, per alleggerire la sua agenda, si è concesso una qualche ora di shopping in Via dei Condotti.
Accompagnato da un amico romano, ha acquistato abiti di Valentino e Prada. "Apprezza molto le nostre linee dal disegno esclusivo", confermano presso le boutique. Presso la gioielleria di Gianni Bulgari poi è andato alla ricerca di un dono per la moglie Michelle. Il pezzo preferito? "I pendenti di conchiglia in giaietto, minerale fossile di 30 mila anni". Il suo prezzo base è di 50 mila euro, ma il modello "bling bling" con diamanti incastonati, raggiunge i 100 mila.
Il presidente Obama ha anche ammirato la collezione di orologi Nicolas Rieussec nella gioielleria di Montblanc, il cui costo medio è di 8 mila euro.
Ospite con charme, per ottenere la decorazione perfetta per il suo tavolo presso la residenza di Washington, si è affidata all’ultrachic negozio di biancheria vicino, Pratesi. Di culto tra le star, nel divorzio da Brad Pitt, Jennifer Aniston avrebbe lottato per mantenere il corredo "made in Pistoia". Il marchio vanta fan del calibro di Elizabeth Taylor.
L’asciugamano di cotone egiziano tessuto in Italia e decorato con pizzo, vale 6 mila euro.
Per la camera da letto, il capo di Stato americano ha scelto un set di lenzuola matrimoniali (1.000 euro), così prezioso che "dormire in loro è un'opzione", secondo le parole di Athos Pratesi, fondatore dell’azienda tessile che continua ad aprire filiali in tutto il mondo.
Articolo originale di M.E. Fiaschetti per Il Corriere della Sera, giugno 2008
Traduzione di M.E. Ray per La Nación, 6 giugno 2008
Traduzione ed adattamento personale, marzo 2014
Questo articolo è ovviamente frutto di fantasia: Obama non ha fatto shopping durante la sua visita romana dei giorni scorsi, ma si è limitato agli incontri istituzionali di rito e ad una breve visita turistica. Quello scritto sopra è l’adattamento (pessimo, perdonatemi) di un articolo falso e diffamatorio, risalente al giugno 2008 e scritto da Maria Egizia Fiaschetti, giornalista del Corriere della Sera, riferito alla Presidenta argentina Cristina Fernández de Kirchner in occasione della sua visita a Roma per partecipare ad un vertice FAO.
Pura fantasia come detto, però è quello che forse avrebbe dovuto scrivere il quotidiano milanese, se fosse stato coerente.
Nell’articolo originale (disponibile in rete solamente sul sito de La Nación, che prontamente riportò la notizia), di cui si è parlato molto, la giornalista riportava dello shopping sfrenato e frivolo della Kirchner in compagnia di un’amica romana, con tanto di liste della spesa, marchi, cifre e parole dei dipendenti.
Subito dopo l’articolo diffamatorio, la Presidenta invitò il giornale a rettificare (non era nemmeno a Roma quel giorno), il quale in risposta pubblicò solamente una nota governativa argentina senza una smentita vera e propria.
Da qui la causa intentata contro la giornalista ed il direttore dell’epoca Paolo Mieli. Causa vinta nel maggio 2013 e risarcimento di 41 mila euro donato ad un ospedale pediatrico di La Plata.
Allora perché, mi chiedo, un articolo come questo non è stato scritto anche per Obama?
Perché in primis tutto ciò non è successo - ma non basta, anche nel 2008 non successe nulla.
Perché Cristina Kirchner è la presidente di un paese non-allineato, talvolta scomodo - ma per Putin, per dirne uno, non si sarebbe mai scritto un articolo del genere.
Perché Cristina Kirchner è donna, quindi frivola per definizione, qualsiasi posto occupi: un’idea misogina ancor più grave perché scritta da un’altra donna - ma anche qui tanti dubbi, difficilmente per la Merkel avrebbero fatto altrettanto.
No, dev'esserci per forza un'altra spiegazione. Questa è l’ennesima dimostrazione che in Europa si sminuisce e si arriva anche a non riconoscere il ruolo di certe persone all’interno di un continente che ha scelto un modello diverso ed integrazionista e che, a differenza di questo continente, continua a produrre sviluppo diminuendo le diseguaglianze fra il proprio popolo.
Ricordo (a memoria) le foto di un Chavez intubato e morente gettate in prima pagina su El País, che presto si scoprirono tratte da un filmato su Youtube. Ricordo il trattamento riservato all’aereo presidenziale del boliviano Evo Morales, accusato in maniera infondata di trasportare la talpa Edward Snowden, dirottato a Vienna dopo che mezza Europa meridionale vietò di sorvolare i propri territori (solo successivamente si è scoperto che fu proprio l’ambasciatore statunitense dalla capitale austriaca a diffondere la falsa notizia [vedi Latinoamerica n°124-125-126, pagg. 50-51]). Ricordo le recenti manipolazioni delle foto dei disordini in Venezuela (senza esprimere giudizi in merito, non è questo il momento).
La risposta alla domanda precedente – “Allora perché?” – è che questi sono tutti tentativi di screditare un processo politico che non piace tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, del quale questo articolo rappresenta solamente l’ennesima pagina piena di amarezza.
Sul difficile rapporto fra stampa e governi latinoamericani basta pensare alla Ley de Medios varata proprio dal governo argentino e fortemente osteggiata dai grandi gruppi editoriali, Clarín in testa.
In chiusura, a questo proposito ci vengono in soccorso le parole di Ricardo Patiño, Ministro degli Esteri dell’Ecuador, che intervistato da Gianni Minà [vedi LA già citato, pag. 45] risponde così ad una domanda sul loro rapporto con stampa occidentale:
«Una delle lotte più dure che abbiamo sostenuto è stata quella con l’elite dell’informazione nel nostro paese. I media erano abituati a decidere della politica in Ecuador, e non solo loro ma diciamo un consorzio internazionale, la Società interamericana della stampa e molti altri organismi mondiali, che rappresentano appunto i proprietari dei maggiori media e che sono abituati ad assoggettare i paesi. Nel caso del nostro governo, non abbiamo mai abbassato la testa e quindi per loro è stato sconveniente che un paese agisse per proprio conto e senza assoggettarsi a ciò che viene dettato dai mezzi di comunicazione. È per questo che non solo ci ignorano, ma danno vita a campagne di stampa gigantesche contro di noi.»
La Nación // Pangea News // Gennaro Carotenuto // Latinoamerica
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