Per molti sono solamente uno svago, per altri un prezioso ed insostituibile mezzo di informazione, divulgazione di notizie e, sempre di più, di propaganda. Alle nostre latitudini basterebbe il fenomeno del Movimento 5 Stelle a spiegare tutto ciò, un movimento nel bene o nel male costruito attraverso la rete, che continua ad essere un suo momento fondamentale. Anche gli altri leader e partiti politici oggi utilizzano questi strumenti per divulgare le proprie posizioni o controbattere ad accuse.
In America Latina la storia non cambia: prendendo in considerazione i Paesi del continente si può facilmente verificare che praticamente ogni singolo Presidente ha una propria pagina Facebook o profilo Twitter peronali, gestiti da loro direttamente o dal proprio staff. Gli unici che non “postano” o “twittano” sono l’uruguayano José Pepe Mujica, il boliviano Evo Morales ed il meno conosciuto surinamese Desi Bouterse. Anche Dilma Rousseff e Sebastian Piñera, tuttavia, sembrano abbastanza allergici: il cileno twitta esclusivamente, ma senza una grande regolarità: da inizio anno sono appena una trentina gli interventi, nonostante il vasto seguito. La presidente brasiliana, invece, ha solamente una pagina Facebook aggiornata con tempestività specialmente per quanto riguarda i suoi incontri pubblici e peraltro seguita soltanto da poco meno di 6.000 persone. Stesso discorso valido per il presidente guyanense Bharrat Jagdeo.
Dal momento della sua turbolenta salita al potere del Paraguay, Federico Franco ha utilizzato con grande regolarità i social network ed in particolar modo Twitter viene usato quotidianamente in maniera maniacale, con tanto di foto al seguito di quasi ogni cinguettio.
Nella folta schiera dei Presidenti Social presenti su entrambe le piattaforme un posto d’onore spetta innanzitutto al compianto Hugo Chavez, che riapparve su Twitter giusto un paio di settimane prima della fatale ricaduta al momento del ritorno sul suolo venezuelano, ringraziando i fratelli Castro ed i loro medici con un eloquente «Hasta la victoria siempre!! Viviremos y venceremos!!!», che rimane il suo ultimo eloquente tweet. Con i suoi oltre 4 milioni di followers il Comandante era di gran lunga il presidente Latinoamericano più seguito. Non sono mai mancati comunque i post anche sulla pagina Facebook nei mesi precedenti, incentrati, come facilmente immaginabile, sulla solidarietà alla sua lotta personale e sulla quale ancora oggi vengono postati commiati, ricordi e ringraziamenti.
Lo stesso Nicolas Maduro, successore in pectore [al momento in cui viene pubblicato l'articolo Maduro è diventato ufficialmente presidente a seguito della vittoria alle elezioni presidenziali del 14 aprile] dell’ex presidente venezuelano, in poco più di una settimana di attività del suo account ha raccolto più di mezzo milione di followers twittando, retwittando e utilizzando in modo massiccio gli hashtag, dimostrando perciò grande vitalità.
Ma la parte della leonessa, in questo caso, la fa ancora una volta l’argentina Cristina Fernandez. Sono oltre 630.000 le persone che si dichiarano fans della Presidenta e che seguono i suoi messaggi che vengono postati con una certa regolarità, spaziando dai video ai cambiamenti di status oltre alle numerose foto di inaugurazioni o incontri al vertice. La pagina offre anche la possibilità di iscriversi alla newsletter presidenziale, esibendo così un’ottima conoscenza del mezzo. Senza tralasciare Twitter però, che viene utilizzato spessissimo con un tono meno istituzionale e più familiare: non è raro trovare slogan che accompagnano una foto di Cristina con a fianco la bandiera argentina né riflessioni sulla sua vita personale. I 140 caratteri nella maggior parte dei casi però vengono utilizzati quasi come un ufficio stampa semi-ufficiale per rispondere ad attacchi o commentare situazioni politiche che in tempo reale possono essere letti da quasi 1.800.000 followers (anche se è bene dire che in questo network il fenomeno dei profili irreali è fondato). I 28 tweet in un’ora dello scorso 2 febbraio sulla polemica tutt’ora in corso con il Fondo Monetario Internazionale, così come i 20 dello scorso 24 marzo in ricordo del golpe militare del 1976 sono (con tanto di foto del marito Nestor), in questo senso, emblematici.
Proseguendo con la rassegna, il peruviano Ollanta Humala è forse quello che ha meno dimestichezza con il mezzo. Con i suoi circa 700 cinguettii è il presidente che è stato meno presente, twittando in maniera estremamente saltuaria (appena 5 in questo 2013). Va meglio, ma non convince nemmeno la pagina Facebook che risulta in definitiva poco ricca di contenuti.
In Ecuador, Rafael Correa, si muove abilmente sulle piattaforme senza distinzioni ed anzi replicando spesso e volentieri le sue espressioni su entrambe, con un linguaggio estremamente semplice e popolare. Tipico è l’utilizzo del termine tod@s come surrogato di todos e todas. Numerosissimi, inoltre, sono gli album fotografici pubblicati su Facebook che riprendono il presidente durante le più disparate situazioni, dagli incontri più istituzionali alle occasioni culturali o sportive.
In Colombia, invece, sembrano preferire di gran lunga Twitter visto che l’altro social network non viene aggiornato ormai da sei mesi. Il presidente Juan Manuel Santos ne è un assiduo frequentatore dove informa quotidianamente i suoi followers (oltre 1.700.000) e con un altissimo numero di cinguettii, circa 4.300, è di gran lunga il presidente più attivo.
Il rapporto dei leader latinoamericani con il proprio popolo, si sa, è particolarmente forte. Una volta questo veniva valutato per le folle oceaniche durante i comizi, le uscite pubbliche o le apparizioni in radio e tv (e talvolta lo è ancora, se pensiamo al famoso programma radiotelevisivo Alò Presidente, gestito direttamente da Chavez). Terminato questo giro nel loro mondo virtuale, possiamo dire che oggi si può assistere ad una decisa avanzata anche sul web, come dimostrano tutti i numeri fatti in precedenza, utilizzando spesso e volentieri un linguaggio semplice, come un ufficio stampa informale per arrivare direttamente ad un certo target di persone e permettendo fra l’altro una elevata permeabilità anche al di fuori dei propri confini nazionali e continentali. La rivoluzione digitale in atto è rapida e inarrestabile e, senza mai trascurare il legame diretto con il proprio popolo, c’è da giurarci, in America Latina l’hanno capito.
Dati aggiornati al 27 Marzo 2013
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