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09 marzo 2011

Joseph Conrad - Cuore di tenebra

Si può parlar male dei classici della letteratura? Se qui si fosse fra i banchi di scuola sarebbe la normalità, se non altro per puro spirito anti-scolastico, ma appena varcata quella soglia, la riflessione si ribalterebbe; e allora tutti ad inneggiare i grandi autori riconosciuti da bramosie letterarie internazionali dei quali oltre all'aggettivo geniale non si riesce a continuarne una descrizione. Per questo quando scelgo cosa leggere vado sul sicuro. E così ho pensato di andare sul sicuro anche questa volta: un classico, un viaggio mentale nell'Africa nera alla ricerca di un personaggio da metafisica ottocentesca che si trasforma nella ricerca del sé, con buona pace di certi indigeni che hanno gridato al razzismo leggendo questo libro.
Quello che si può dire qui, per chi vive di emozioni, è che la lettura ne regala ben poche, scorrendo in modo flebile lungo il percorso del fiume e a tratti perfino in modo noioso, nell'attesa spasmodica che l'incontro finale con Kurtz ci regali una pagina di commovente letteratura; la quale, per tutta risposta, non arriverà. L'incontro si rivela invece poco proficuo per la lettura, l'immagine del grand'uomo non viene sviscerata, non viene neppure analizzata nelle proprie deformazioni e l'attesa viene purtroppo in questo vanificata. Chi si aspettava il Kurtz ispirato di Coppola dovrà invece fare i conti con il Kurtz ispiratore di Conrad, lontano anni luce per forma e spessore narrativo.
Cuore di Tenebra non è un brutto libro intendiamoci, sembra piuttosto un libro incompiuto. L'attesa dell'arrivo di Kurtz è quasi estenuante e, come detto, a volte noiosa con racconti banali e ininfluenti persino a far da contorno alla storia, che si alternano però con illuminazioni vere e proprie capaci di farti ricredere per un attimo e rientrare a capofitto nella lettura. Ed è proprio da qui che credi volterà il racconto, salvo poi essere deluso il paragrafo successivo, sprofondando nella continua ricerca di dare un significato a questa proto-sospensione narrativa, per accorgerti che ormai sei a pagina 87 e la magia sta per finire.


«Vi è un odore di morte, di corruzione della carne nelle menzogne che è esattamente ciò che odio e detesto nel mondo, ciò che voglio scordare.»

«Ogni cosa, là, apparteneva a lui. Trattenni il fiato, per timore che la giungla stessa scoppiasse in risa convulse capaci di scuotere anche le stelle in cielo. Tutto, là, apparteneva a lui, ma quello era il meno. Il punto era scoprire a chi appartenesse lui e quanti poteri della tenebra lo rivendicassero a sé.»

«Vero, lui aveva compiuto l'estremo passo, lui aveva superato il margine del precipizio, mentre a me era stato concesso di ritirare il mio piede esitante. Forse è in questo l'intera differenza; forse tutta la saggezza, tutta la verità e tutta la sincerità sono concentrate in quel fugace attimo in cui noi oltrepassiamo la soglia dell'invisibile. Forse!»

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