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08 settembre 2010

Licia Pinelli - Una storia quasi soltanto mia

Questo non è un libro politico nonstante quelle che possono essere le apparenze. E'piuttosto uno sfogo sottoforma di intervista-fiume al silenzio che Licia Pinelli - vedova di Giuseppe, ferroviere anarchico ucciso il 16 dicembre 1969 - si è, più o meno forzatamente, imposta.
Quello che emerge dalla lettura di queste memorie di quegli anni non è tanto il clima politico che si stava espandendo con la strategia della tensione, con lo stragismo degli anni '70, ma piuttosto il ritratto di una famiglia italiana proletaria alle prese con la vita di tutti i giorni fra passioni politiche, amore, famiglia e amicizie che viene però d'un tratto sconvolta da una morte incredibile e questa sì, politica, che catapulta la vita di Licia al pubblico.
Da qui il ritratto di una donna che si trovava schiacciata dalle accuse al marito, che si divide fra tribunali, istanze, coraggiose denunce e una vita da portare avanti con le sue due figlie. Una donna che tutto avrebbe chiesto meno che la Storia le piombasse in casa distruggendo ormai quello che stavano costruendo, ma che ne esce forte, senza nostalgie per quello che è stato. «Per anni ho cercato di isolarmi da quella che era tutta la vicenda, facendo un passo indietro per poterla affrontare. E adesso è difficile fare il passo in avanti» dice in chiusura.
Una donna che fa i conti con il proprio passato, con il passato da dolore in prima pagina che le è stato imposto.
Una Licia Pinelli che tenta di ritornare, lentamente e in memoria del marito, ad essere quella Licia Rognini della quale cui Pino si era perdutamente innamorato.



«Hai sempre la speranza che la tua parola valga quella degli altri, che valga la parola di un poliziotto. Invece ci sono sempre i cittadini di serie A e quelli di serie B. E se sei povero addirittura di serie C.»

«E' successo a Pino perchè era anarchico, domani può succedere a qualsiasi altro, non importa se fa politica, se ha idee politiche o anche se è senza fede politica.»

«Ti ricordi cosa aveva detto mia suocera quella notte: "Licia, vedrà, domani, i giornali, adesso lui diventerà il colpevole di tutto". "Hanno sbagliato," le risposi. "Dovevano buttare giù un altro. Ora faranno i conti con noi".»

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