Per questo Padre Sergij è un racconto di formazione, di formazione religiosa e umana. Racconta gli avvenimenti di tale Stepàn Kasatskij, colonnello agli ordini dello zar Nicola I, il quale compie un processo di maturazione spirituale nel momento in cui la sua promessa sposa gli confessa di aver già amato. Da qui la trasformazione in Padre Sergij e la nuova vita ecclesiastica - dell'alter ego dello scrittore - che non sarà, però, immune dalle insidie terrene alle quali Stepàn era soggetto in precedenza.
L'ormai monaco, a tratti eremita, si trova a dover fare i conti con la sensualità e col suo orgoglio da soldato e uomo - come sosteneva la sorella «si era fatto monaco per porsi più in alto di coloro che avevano voluto dimostrargli di essere più in alto di lui» - che ancora lo attanagliano e che non gli lasciano vivere questa sua nuova dimensione appieno. Così Tolstoj ci permettere di vivere quest'esperienza come una sorta di lotta interiore fra le bramosie e il senso del potere terreno e la salvezza dell'anima che si risolve solamente quando Sergij, ora venerato come un santo ma costretto ancora ad essere un impostore, si rende conto di quale sia la reale ed unica forza in grado di muovere la spiritualità di una persona: l'amore verso la divinità e verso il prossimo, più che verso se stesso. Riuscirà così a trovare la pace, ma solamente nel momento in cui metterà definitivamente da parte il suo orgoglio da "primo della classe".
«Le fonti di quella lotta interiore erano due: il dubbio e la bramosia carnale. E in lui questi due nemici insorgevano sempre insieme. A lui sembrava che fossero due nemici diversi, ma era soltanto uno.»
«Io ho vissuto per gli uomini con il pretesto di Dio, e lei vive per Dio, immaginandosi di vivere per gli uomini. Sì, una sola buona azione, una tazza d'acqua offerta senza pensiero di ricompensa, è più preziosa di tutti i benefici che io ho portato alla gente.»
«Quanto minor importanza aveva l'opinione degli uomini, tanto più fortemente si percepiva Dio.»
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