América Latina, Fútbol, Rock'n'Roll

26 giugno 2013

Il Bilancio Partecipativo a Porto Alegre

Un’arena deliberativa al servizio della popolazione
Lo strumento di Bilancio può essere una risposta alla crisi della partecipazione politica?


[Abstract]
Il tema della partecipazione al voto, pur essendo una caratteristica essenziale per una democrazia, non esaurisce di certo il problema. Il suffragio universale è infatti una condizione indispensabile ma insufficiente e, soprattutto, non significa che tutti i cittadini possano prendere parte attivamente alla vita politica del paese o della città. Anche nel caso in cui tutti gli aventi diritto partecipino alle tornate elettorali, rimarranno sempre irrisolti altri problemi: il cittadino-elettore ha infatti solo quel particolare momento per far sentire la propria voce e, soprattutto, è impossibilitato ad esercitare un controllo reale sull’operato delle amministrazioni. Il criterio per giudicare se e quanto una democrazia può definirsi partecipativa non è quindi la percentuale di persone che si recano alle urne, ma è un concetto più elaborato: ossia quanta parte di popolazione prende parte attivamente alla vita democratica.
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L’Orçamento Partecipativo – Bilancio Partecipativo (in seguito BP), sotto questi punti di vista, è un’esperienza che si pone questi obiettivi. Esso è una risposta originale e coraggiosa ai problemi sopracitati. Nato e sviluppatosi principalmente a Porto Alegre, capitale brasiliana dello Stato del Rio Grande do Sul, è uno strumento di cogestione della città concertato fra istituzioni e cittadinanza, da ricercare tramite un meccanismo di partecipazione diffusa sul tema del Bilancio comunale. L’amministrazione, unitamente alla società civile, ha individuato le spese per gli investimenti come il mezzo per rifondare il legame fra cittadini ed istituzioni ed operare così “un’inversione delle tradizionali priorità politiche, concentrandosi sul processo di democratizzazione del potere” [Amura 2003, 28].
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Le origini dell'esperienza del BP di Porto Alegre sono da ricercare nel tessuto della città in una duplice direzione. Sociale innanzitutto: Porto Alegre è sempre stata un vivace serbatoio di movimenti urbani e cittadini anche durante la dittatura militare. Nel 1983, due anni prima delle elezioni libere post-regime tenutesi in Brasile, questa miriade di movimenti si unirono nella UAMPA che si pose come coordinatrice delle varie associazioni che aveva al suo interno, facendosi promotrice delle istanze di partecipazione diretta che venivano dalla popolazione ed organizzando, fra le altre cose, congressi direttivi dai quali scaturirono le linee di condotta per la coalizione vincente alle elezioni del 1988. Politica poi: importantissima fu la visione marxista ed antiburocratica dei dirigenti del Partido dos Trabalhadores che nella città erano maggioritarie e che la avrebbero guidata per anni. Dal momento del suo insediamento nel gennaio del 1989, «l’Amministrazione Popolare [guidata dal PT] assunse l’impegno di governare la città attraverso un esercizio permanente di trasparenza, di democratizzazione delle decisioni e di ribaltamento delle priorità della città» [Pont 2005, 25] contrapponendosi al neoliberismo dilagante ed orientato agli interessi di pochi ricchi e potenti. Perfino nella piattaforma programmatica del PT locale era inserita l’esigenza di superare la democrazia rappresentativa per abbracciare una pratica democratica di tipo partecipativo; inoltre, da un punto di vista squisitamente politico, Raul Pont sostiene la necessità che un governo di sinistra di una grande città abbia il dovere di diventare un laboratorio di esperienze partecipative. Dati questi presupposti, Porto Alegre era considerato il luogo adatto e lo strumento principale per mettere in pratica queste convinzioni.
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Il suo ruolo, però, è ancora estremamente marginale. Innanzitutto il limite principale del BP, che è allo stesso tempo anche il motivo della sua forza, è il fatto che sia un’esperienza che si esaurisce nel locale. Allo stesso modo vengono coinvolti effettivamente un numero di cittadini più elevato rispetto a prima, ma ancora sostanzialmente basso. A questo si aggiunge il problema dell’esportare il progetto in una realtà differente. La sua informalità e l’elasticità in primo luogo non permettono la riproduzione di uno “standard format” da poter applicare in una nuova città, essendo questo in continuo mutamento. Così ogni realtà dovrebbe costruirsi il proprio BP per adattarlo alle esigenze della propria popolazione di riferimento e alle proprie dinamiche amministrative: «non esiste infatti un modello compiuto e definito di Nuovo Municipio, esportabile e riproducibile dal Brasile all’Italia […]» [Amura 2003, 58].
Daniele Carpi
pp. 12


Bibliografia parziale:


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