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14 marzo 2013

Zapantera Negra: l’arte unisce gli Zapatisti alle Pantere Nere

Un filo d'arte collega le giungle messicane del Chiapas ai ghetti negri degli Stati Uniti. Mondi diversi, ma molto in comune, lo ha scoperto Emory Douglas, che ha deciso di tirare questo filo, fino a risvegliare «la nostra vera natura: un'idea collettiva del sé»


Che cosa accomuna due movimenti politico-sociali tanto differenti per periodo, zona geografica e soprattutto contesto? Questa è la domanda che probabilmente si sono fatti i curatori del progetto The Black Panthers and the Zapatistas: An Encounter, finanziato attraverso il portale Kickstarter, che permette di pubblicizzare ogni tipo di iniziativa e di poterla finanziare direttamente, ricambiando l’appoggio con un gratifica destinata a tutti quelli che ci hanno creduto, sulla base dell’importo versato.

Il primo dei due movimenti è messicano, formato in prevalenza da discendenti Maya ed è indigenista per antonomasia. Il suo unico metodo di riconoscimento spesso è un passamontagna calato sul volto o una bandana che copre gli zigomi.
Il secondo è americano, fondato in California, ma di stanza in tutti i quartieri neri del paese e composto da afroamericani, la cui immagine più celebre è quella di due atleti con i pugni alzati sul podio delle Olimpiadi del 1968. Stiamo parlando ovviamente del movimento Zapatista e delle Pantere Nere.

Zapantera Negra è il risultato dell’interazione fra questi due movimenti, nata dalla volontà di mettere in relazione le rispettive tematiche comuni in ambito di lotta politica e sociale, attraverso il linguaggio universale dell’arte; in primis della pittura, ma anche mediante installazioni e performance visive.
Emory Douglas, Ministro della Cultura del Black Panther Party e Lead Artist , incontra gli artisti zapatisti nei loro territori originari, specialmente a San Cristobal de las Casas, Chiapas, dove ha sede Edelo, la Casa de Arte en Movimiento y Residencia Intercultural de Diversas Praticas, per una produzione creativa unica nel suo genere, mescolando gli elementi visuali e l’iconografia di entrambi i movimenti alle loro rivendicazioni politiche.

L’obiettivo principale è quindi quello di portare alla luce il ruolo positivo e propositivo che l’arte ha avuto nei movimenti sociali, culturali e rivoluzionari e di come tutt’oggi giochi un ruolo di primissimo piano nell’emancipazione delle comunità in lotta contro le tradizionali forme di linguaggio, ma anche di potere.
Un’esplorazione multimediale che, oltre ad un’esposizione inaugurata lo scorso 10 Novembre ed ad una serie di presentazioni nelle Università statunitensi, porterà alla pubblicazione di una Newsletter a numero unico con una tiratura di 20.000 copie, la cui uscita prevista per questo febbraio slitterà per la grande quantità di materiale prodotto. A suo interno si potranno osservare i risultati di queste interazioni, opere ed articoli creati in questi mesi di lavoro.

Parallelamente, l’attenzione dei curatori si è rivolta verso i nuovi media come strumento di diffusione e propaganda. Nelle loro intenzioni c’è anche quella di creare una rete di distribuzione e di contatti per l’educazione artistica ma anche politica a questi movimenti sociali.

Questo progetto «non è stato concepito tanto per dipingere su muri o edifici», ci dice il coordinatore Caleb Duarte, quanto come mezzo di «unione fra lotte similari che ancora oggi esistono, attraverso un linguaggio visuale che può ispirarci a pensare a quella che è la nostra vera natura: un’idea collettiva del sé».

articolo pubblicato il 02/03/2013


Pangea News // Zapantera Negra // Edelo

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