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19 marzo 2013

Luis Sepúlveda - Il vecchio che leggeva romanzi d'amore

La storia che in queste pagine ci racconta Luis Sepúlveda è quella di Antonio José Bolivar Proaño, vecchio abitante di una capanna ai margini della foresta Amazzonica, l'ultimo avamposto prima della natura incontaminata, o forse il primo. Il vecchio che è un tutt'uno con la sua foresta, vivendo in simbiosi con essa, seguendo i dettami degli indios shuar e fedele ai più alti disegni divini che in essa si manifestano. Il vecchio che vive in solitudine, che legge romanzi d'amore e che trova nella lettura «l'antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia», «la scoperta più importante di tutta la sua vita».
Il rapporto del vecchio con la natura è quindi la chiave del racconto, con un climax prepotente che lo vede dapprima una semplice figura insolitamente colorita all'interno delle dinamiche sociali e culturali del posto, fino all'apoteosi della lotta con la femmina di tigrillo. Una lotta materiale ma soprattutto interiore che fa avvicinare tanto la bestia all'uomo attraverso l'umanità con la quale si prende cura del "compagno morente"; quanto l'uomo alla bestia, con il manifestarsi dello spirito di sopravvivenza naturale. Tanto che al termine dell'avventura non si avvertirà alcuna differenza fra l'uno e l'altro. Essi si fonderanno in un'unicità mistica, per cui la morte fisica di uno è la morte interiore dell'altro.
Ma c'è un altro aspetto di primaria importanza insito nel libro: i gringos, coloro i quali danno inizio alla furiosa lotta fra il vecchio e la bestia. L'incarnazione della figura del sindaco è emblematica: la sua stupidità, nonostante fosse persona istruita, non manca di essere sottolineata quante più volte possibili. La sua stazza fisica lo qualifica come benestante. Il non seguire i dettami ordinatigli dai suoi accompagnatori lungo la foresta (gli stivali che ne rallentano ulteriormente l'andatura, le urla, il fuoco, gli spari), la sua rozzezza e l'assoluta mancanza di alcun senso della natura delineano la chiara figura dell'uomo bianco venuto per distruggere il fragile equilibrio senza alcun senso del pudore e del limite. In una parola il conquistadores che non ha bisogno di domandare ed al quale tutto è concesso senza limitazioni. Salvo poi fuggire quando il pericolo è davanti ai suoi occhi.



«Era amore puro, senza altro fine che l'amore stesso. Senza possesso e senza gelosia. "Nessuno riesce a legare un tuono, e nessuno riesce ad appropriarsi dei cieli dell'altro nel momento dell'abbandono.»

«Una legge misteriosa gli diceva che ucciderla era un imprescindibile atto di pietà, ma non di quella pietà prodigata da chi è in condizione di perdonare e di regalarla. La bestia cercava l'occasione di morire faccia a faccia, in un duello che né il sindaco né gli altri uomini avrebbero potuto capire.»

«Antonio José Bolivar Proaño si tolse la dentiera, l'avvolse nel fazzoletto, e senza smettere di maledire il gringo primo artefice della tragedia, il sindaco, i cercatori d'oro, tutti coloro che corrompevano la verginità della sia Amazzonia, tagliò con un colpo di machete un ramo robusto, e appoggiandovisi si avviò verso El Idilio, verso la sua capanna, e verso i suoi romanzi, che parlavano d'amore con parole così belle che a volte gli facevano dimenticare la barbarie umana.»

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