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04 dicembre 2012

Pino Cacucci - La polvere del Messico

Pino Cacucci non ha bisogno di presentazioni, è uno scrittore dal talento riconosciuto e assolutamente meritato. In questo libro, La polvere del Messico, ci parla del suo peregrinare per le strade del paese di città in città, su autobus sgangherati o alla ricerca di una tanica di benzina per non doversi preoccupare di come arrivare a destinazione. Quello che importa però - come spesso al contrario capita - non è per nulla il viaggio di sé, lo spostamento, quanto proprio questa destinazione. L'arrivare fra la gente e vivere con loro, passare di cantina in cantina a bere mezcal o più semplicemente la visita ad una Casa Infinita o ad una città disabitata. In primo piano ci sono le storie del Messico, le sue leggende e i suoi riti - basterebbe leggere le poche pagine di La flor de los mueritos per rendersi conto di quello di cui parlo - dei quali Cacucci però è solo il tramite fra di noi e la viva voce di coloro che sono i veri protagonisti del libro, proprio i messicani.
Questo è forse il più grande merito dell'autore: essere un mezzo potente per farci arrivare loro, senza nozionismi di sorta o stratagemmi per rendere il racconto avvincente. Non entra nei panni del professore per spiegarci motivi e cause della vita latina, ci fa notare solamente che «i superficiali cromosomi europei sono ormai troppo lontani da quelli latini, per capire certe similitudini.»
La polvere del Messico è anche un libro intimista. Intimista perchè il viaggio non è tanto quello materiale dei posti vissuti - ancor meglio che visitati - quanto quello delle sensazioni sprigionate che l'autore ci rimanda con semplicità, rifiutando qualsiasi tipo di prosa aulica e che per questo ci appaiono vere. Parole alle quali credere ciecamente, nelle quali confidare. Così quando un amico di un'altra era fa per abbracciare l'aria di Oaxaca siamo noi che abbracciamo l'aria di Oaxaca, o che scendiamo fra i polverosi ciottolati, o che addestriamo galli da combattimento; tanto che la respireremo quell'aria, ci puliremo la faccia per levarci quella polvere dagli occhi e ci prenderemo cura di quei galli da combattimento.
E chi fra di noi saprà apprezzare tutto questo, insieme a loro, diventerà a sua volta un po' latino.


«Nelle cantine solo da pochi anni è stato tolto il divieto di entrata alle donne, mentre resta in vigore per chiunque indossi una divisa. "Ci sono donne che creano ambiente più di tanti uomini" dice il mio Caronte stringendosi nelle spalle. "Di sicuro, non ci sono poliziotti che meritino di bere al mio tavolo" conclude afferrando una manciata di chicharrones.»

«Quando ci riaffacciamo alla luce, è come se si fosse spenta la macchina del tempo: resta solo il vento tra i vicoli, le pietre, attraverso le finestre e le porte senza battenti, che si insinua nelle rovine e consuma ogni giorno un centimetro di città disabitata.»

«Del Messico è scomparsa ogni traccia, in questo finisterrae dove il Pacifico si unisce al mare vermiglio. Parlare in spagnolo, quaggiù, è difficile quanto pagare in pesos. Del villaggio di pescatori che era Cabo San Lucas, non hanno lasciato in piedi una sola casa. Al loro posto, un'orgia di negozi metallici e discoteche viniliche, american bar e pizzerie a forma di galeone, ma soprattutto un'unica colata di grand hotel che da qualsiasi punto occupa l'intera vista.»

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