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28 marzo 2012

Bram Stoker - Dracula il Vampiro

Probabilmente un classico della letteratura, probabilmente un bel libro anche per chi, come me, notoriamente non ama i romanzi. Ma il fascino che mi trasmetteva materialmente questo libro è stato più forte della voglia di affrontare un qualsiasi altro tipo li lettura.
Innanzitutto bisogna ovviamente sottolineare la scelta della costruzione attraverso diari personali, che permettono di mantenere il filo del discorso da più punti di osservazione. La storia ha una suddivisione netta in tre parti, diverse tra loro ed ognuna con caratteristiche ed intrecci propri. La prima, con il fedele Jonathan al castello di Dracula alle prese con allucinazioni, momenti deliranti ed incredibili, raccontati con descrizioni inquietanti e puntuali; la parte migliore del romanzo a mio avviso: avvincente e gotica nella quale impariamo a conoscere la natura diabolica del Conte e la paura degli umani nell'assistere a quelle cose in-e-dis-umane. La seconda parte, nell'attesa che quelle stesse vicende si trasportino - via nave - anche nella civile Londra, si imparano a conoscere gli altri personaggi e protagonisti: la devota Mina, il scientifico Dottor Seward ed l'impavido professor Van Helsing. Qui, come collante, si gettano le basi per il collegamento col finale: l'autore come fosse un thriller dissemina in continuazione nella storia indizi sulla presenza di una forza malvagia capace di dannare le anime dei mortali; e il lettore - che oggi è avvezzo a queste storie - intende dinamiche e movimenti, li raccoglie, li fa propri e ne capisce la finalità. La terza ed ultima parte, da quando cioè il Conte viene smascherato, è la parte che mi ha convinto di meno: si sente che la storia sta andando a conclusione ed invece viene tirata per le lunghe, il che andrebbe bene se ci fossero continui colpi di scena come ti aspetteresti da un romanzo di questo tipo, ma non se, in ultimo, il racconto della fine del Conte è pressoché scialbo.
Un horror vero, non c'è che dire, ed è bello in questi tempi di vampiri frivoli, leggere di una delle prime vere creature maligne che hanno a che fare con l'umanità delle persone. Ma è proprio questo, a parer mio, ciò che impedisce a questo libro di fare il salto di qualità: mancano molte delle cose che potevano fare da contorno alle vicende, arricchendolo da un punto di vista storico-nozionistico, a partire dal rapporto con la spiritualità e la religione, dell'eterna lotta fra il bene e il male e, non da meno, dell'ambivalenza della figura di Van Helsing: professore per definizione razionale che si presta a superstizioni e riti fantastici. Tutti elementi centrali nel racconto ma che non vengono sviscerati, compiendo la scelta di non togliere mai l'attenzione dalla storia vera e propria, vanificando così la possibilità di essere definito un capolavoro. E' probabile che anche per questo io non ami i romanzi.


«Ma uno straniero in terra straniera non è nessuno; gli uomini non lo conoscono e non conoscere vuol dire non avere interesse.»

«Pensammo che morisse mentre dormiva e che dormisse mentre moriva.»

«Credere nelle cose nelle quali non si può credere. Vi darò un esempio. Una volta ho sentito di un americano che ha definito così la fede: "quel che ci permette di credere in cose che sappiamo non vere".»

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