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24 febbraio 2012

David Foster Wallace - La ragazza dai capelli strani

Risulta ormai obiettivamente difficile scrivere ancora qualcosa di vagamente intelligente su questo autore che non sia ripetitivo o ridondante; così questa volta è forse più sensato tentare un approccio del tutto personale.
A differenza degli altri libri, ad essere sinceri, questo l'ho trovato meno facile, più elaborato in certe situazioni che alternavano momenti di rara ed alta narrativa a deduzioni celate fra le pieghe delle frasi, la cui rilettura è necessaria per comprenderne appieno il significato, nonché l'indubbia grandezza stilistica di questo autore. I temi affrontati sono quelli che hanno storicamente affollato la produzione di David Foster Wallace: la società consumistica, i rapporti controversi e forse un po' ingenui (Da una parte e dall'altra, Dire mai), la televisione (La mia apparizione); in pratica gli Stati Uniti nella loro totalità, raccontati con una acutezza fredda e distaccata. L'osservazione spasmodica ma, a differenza di altre volte con un'ironia meno marcata, mi è sembrato di capire - La ragazza dai capelli strani è pur sempre una delle prime pubblicazioni dello scrittore, seppur considerata una sorta di manifesto stilistico.
Lyndon e John Billy sono stati i due racconti che ho trovato più impegnativi (se mai gli altri non si possano definire tali): il secondo in particolare ai miei occhi aveva le sembianze di un puro esercizio stilistico (insieme a Dire mai), quasi un autoreferenzialismo accademico a tratti incomprensibile che, sinceramente, mi ha lasciato un po' spiazzato. Ho amato, a differenza, La ragazza dai capelli strani e La mia apparizione (come altre storie, raccontata in chiave femminile, scelta degna di essere notata) nel quale la protagonista in una situazione assurda tenta di prendersi gioco di David Letterman, che si trasforma nel prendersi gioco di sé stessi; e riecco la descrizione di ogni singolo particolare osservato con scrupolosa minuziosità, che tanto mi ha fatto amare questa narrativa, insieme alla sua ironia pungente.
Più leggo i suoi libri, più mi accorgo che David Foster Wallace ha una dimensione universale: non esistono canoni per determinare un suo pubblico, non esistono limiti di target e le sue opere le trovo per così dire popolari, accessibili, basta avere un minimo spirito d'osservazione; questa è una verità. Ma anche se è uno scrittore per tutti, non lo è da tutti; perchè anche uno scimmione può leggere di filosofia, solo che non la capirà mai.


«Nel pieno del suo trip di LSD ha cominciato ad assumere un'aria molto seria, ma è anche diventato un po' strambo in una maniera che ho trovato divertente e affascinante. Ha manifestato l'opinione che i punk fossero bambini nati in un posticino minuscolo, senza finestre, e inoltre chiuso su ogni lato da pareti di cemento e metallo, spesso devastate da graffiti, e che da adulti stessero cercando di aprirsi un varco fra quelle pareti.»

«Mi chiamo Lyndon Baines Johnson, figliolo. Sono il senatore dello Stato del Texas nel Senato degli Stati Uniti. Sono al ventisettesimo posto nella classifica delle persone individuali più ricche del paese. Ho il più grosso pisello di tutta Washington e la moglie col nome più carino. Quindi non mi interessa di chi è amico il papà di tua moglie, ragazzo: di fronte a questo senatore, spalle dritte.»

«Nella loro veste di portatrici di funzione significante nella comunicazione artistica, le parole deperiranno come prima di loro hanno fatto le regole formali. Il significato sarà limpido.»

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