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11 aprile 2008

Paul Verlaine - I poeti maledetti

E' un libro diviso dallo stesso Verlaine in 6 parti riferite ad altrettanti poeti, vengono descritte in brevi parole le biografie, i principali temi affrontati e le voglie, le fantasie. Tutti poeti maledetti, dietro dichiarazione dello stesso autore la cui acutezza gli permette di valutare anche coloro che non sono indicati come tali o che semplicemente sono sconosciuti al grande pubblico ma che comunque meritano una menzione all'interno di questa categoria.

Tristan Corbière la sua maledizione è il mare, il vento in tempesta che porta alla deriva la barca (forse un po' rimbaudianamente, ma questo mare non è metaforico, è fisico) e che è l'unico momento vissuto realmente.

"Non credeva a nulla, e credeva a tutto. Il suo gusto era il disgusto"


Arthur Rimbaud la sua maledizione è la pubertà, che lo stesso Verlaine cita come un attimo sublime, miracoloso. La sua adolescenza perenne, il suo volere a tutti i costi, fortissimamente volere, esasperatamente sentire, sapere, giocare, non trovare un attimo di respiro, non dialogare ma urlare, con forza e veemenza, stritolare la vita nel palmo della sua mano fino a sentirsi stanco, esausto, ubriaco. Incantatore di serpenti.

"Vivo seduto, come un angelo nelle mani di un barbiere"

"Egli ascolta cantare i loro aliti sospesi
Che profumano di lunghi mieli vegetali e rosati,
interrotti a volta da un sibilo, salive
riprese sul labbro o desideri di baci."

"Bateau ivre", come non citarla tutta?



Stéphane Mallarmé la sua maledizione sinceramente non la ricordo, non mi deve essere rimasta impressa, non mi ero segnato nulla sul libro. De gustibus.


Marceline Desbordes-Valmore la sua maledizione è l'amore raffinato, di quello delle culottes di pizzo ma anche dei lettini sul lungomare della riviera, delle panchine all'ombra e dei risvegli freschi in primavera o nelle serate d'estate dense di romantiche zanzare. Artista raffinata senza saperlo la chiama.

"Obbedisci alla ragione: vattene, lascia la mia mano, è mezzanotte!"

"E avremo voce, slancio e ardore
per gridare a quelle anime dolenti: Venite?
Venite verso l'estate che tutto fa rifiorire,
dove andremo senza piangere, senza morire?"



Villiers de l'Isle-Adam la sua maledizione è la donna, la morte, che forse sono poi la stessa cosa, in una parola: la notte, la tentazione che ti porta alla banchina del molo, sulla spiaggia (ritorna per la terza volta il mare) ma che finisce in un cimitero. Disillusione, quasi come se non credesse in quello che va dicendo.

"All'uscita del ballo seguimmo la spiaggia.
Verso la casa di un esilio, affidandoci alla strada
andavamo: un fiore appassiva nella sua mano.
Era una mezzanotte di stelle e di sogni"

"Amami, tu che sai come, sotto un limpido sorriso,
io sono come queste tombe abbandonate"


Pauvre Lelian (Paul Verlaine) la sua maledizione è l'immaginazione o le sue fantasticherie, o forse la sua maledizione vera è il giovane Rimbaud. Tant'è che regala poco di sé, forse per un pizzico di umiltà che io però non gli concedo essendo lui, poeta. Però ha il coraggio di lasciarci, in ultimo, queste parole di un impatto straordinariamente devastante:

"Ho il furore d'amore, il mio cuore così debole è folle"

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