América Latina, Fútbol, Rock'n'Roll

09 giugno 2014

Pino Cacucci - Demasiado corazón

Pino Cacucci scrive storie di mondo, ma questa storia è un po' diversa dalle altre che sono in gran parte polverose e lontane. Stavolta è un racconto dei giorni nostri, davanti al quale tutti siamo chiamati, perchè denuncia le atrocità commesse da una multinazionale in terra straniera. Quello che compie Cacucci è un attacco palese alla modernità neo-liberale ed alla legge del profitto sulle persone, dello sfruttamento e dell'egoismo e lo fa attraverso il suo stile consolidato ed inconfondibile.
A Tijuana si incrociano le strade dei due protagonisti del libro. Da una parte della staccionata c'è Bart Croce, gringo dai lineamenti latini che mal nascondono le sue intenzioni: scendere dagli Stati Uniti per compiere con freddezza e distacco l'unico lavoro per il quale si sente portato, uccidere un uomo. Nessun pretesto romantico però, Bart è il sicario di una potente industria farmaceutica del Nord che da anni continua a sfruttare ed inquinare le terre di un Messico succube ed anche un po' arrendevole. Dall'altro lato c'è invece Leandro, un videogiornalista italiano che in Messico vive per documentare le sue privazioni, le condizioni di miseria in cui versa la popolazione e grazie alle quali il potere ingrassa. Le strade dei due però si incrociano quando una lettera viene recapitata a Leandro, legando così fra loro le vite dei due personaggi principali.
Quello che ne viene fuori è il ritratto di un Messico, indiscusso protagonista, dalle molte contraddizioni e colpe, molte delle quali non sue; prima fra tutte l'essersi trovato al confine di quegli Stati Uniti che tanto hanno abusato di lui, trasformandolo nella fonte delle loro fortune e nella discarica dei loro rifiuti.
C'è tutta la storia di questo sfruttamento all'interno del libro, con una doppia chiave di lettura finale. Se da una parte il retrogusto amaro della storia sembrerebbe non lasciare spazio ad una redenzione, la magistrale chiusura con l'incontro con gli zapatisti a San Cristóbal de Las Casas nella notte della loro prima insurrezione sembre voler lasciare ancora aperto uno spiraglio a questo paese del "troppo cuore".


«Ma quei disgraziati, almeno, avevano avuto un premio di consolazione: poveri, ma non spacciati. E voi li condannate a crepare nel peggiore dei modi. Siete dei Re Mida alla rovescia: tutto quello che toccate diventa immondo. Avete trasformato Tijuana in una cloaca, mister Jason. E lei non può dire di essere estraneo a tutto questo, visto il motivo per cui siamo qui.»

«Ma al pari di un tossicodipendente, premere il tasto rec era la sua sister heroin, e il fluire delle immagini dall'obiettivo all'occhio era come il liquido - tanto amato, tanto odiato - che lo stantuffo spinge nella vena.»

«Non saprei dirti perchè, Leandro, noi messicani amiamo tanto il nostro paese, anche quando ci tratta come schiavi e ci umilia. Però mi piacerebbe capire perchè tu, uno straniero, te ne sei innamorato... Cosa ti ha dato, e cosa ti aspetti dal Messico...»

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