América Latina, Fútbol, Rock'n'Roll

23 dicembre 2013

Pino Cacucci - Ribelli!

Sono diciassette, suddivisi in tredici capitoli, i ribelli di Pino Cacucci. Persone comuni, gente in mezzo alla gente, a volte gli invisibili come li chiamerebbe Bukowski. Ognuno di essi con la propria storia che l'autore ci racconta con dovizia di particolari, inseriti nel loro contesto storico ma soprattutto umano, in un pellegrinaggio che parte dalla Romagna e, passando per l'America Latina, arriva fino alle spiagge californiane. Fa il giro del mondo Cacucci per raccontarci queste storie vere di gente vera, ognuna delle quali ha dato la vita per le proprie idee, qualunque esse fossero.
E così si passa da Silvio Corbari, il partigiano emiliano che si prendeva gioco delle milizie nazifasciste, alle storie legate alla guerra civile spagnola di Quico, a Tamarita la bellissima guerrigliera al fianco di Che Guevara.
Cacucci opera su due fronti: da un lato fa una ricostruzione storica dei fatti narrati con tanto di ricerche d'archivio, documentando così ogni sua parola (con pure una breve bibliografia di riferimento in appendice); dall'altra l'elaborazione personale e l'aspetto umano dei personaggi che ci vuole mostrare è evidente, tanto quanto l'attaccamento a loro, come nel caso della lunga parabola finale dedicata a Jim Morrison: «quelli come te, Jim, rappresentavano il pericolo di non poter più trasformare i ragazzi in carne da macello, il rischio di non poterli insaccare dentro le uniformi senza che fiatassero.»
C'è poi la storia del vero Lupin, che somiglia più ad un Robin Hood moderno dal mantello rosso-nero che ad un ladro gentiluomo; ci sono Villa e Zapata in Messico; ci sono Argo Secondari e i suoi Arditi del Popolo, una storia obbligatoriamente da conoscere; c'è Tupac Amaru, il liberatore inca; e non potevano naturalmente mancare Sacco e Vanzetti.
Una grande eterogeneità di personaggi e di storie accomunate dai loro spiriti liberi, il loro essere ribelli per natura e per vocazione. C'è tanta politica in questi racconti e ci sono tanti ideali, ma dove c'è buona politica si trova facilmente anche una grande dose di umanità ed essi stanno lì a ricordarci che «i popoli che dimenticano il proprio passato sono condizionati a riviverne gli errori e gli orrori [...] A quanto pare, arricchirsi acceca e cancella la memoria...»


«Quando tocca a Casadei, si mette il cappio da solo. Ma tirano la corda con eccessiva foga, e questa si spezza. Dopo qualche minuto, Casadei ripete la scena, e stringendosi il nodo scorsoio dice ad alta voce il dialetto romagnolo: Siete marci anche nella corda!»

«Ai primi compagni che si uniscono a lui [Alexandre-Marius Jacob, il vero Arsenio Lupin], dichiara: Bisogna colpirli nell'unico punto sensibili che hanno: la cassaforte. Non è con il terrorismo che si ottiene l'emancipazione degli sfruttati. Ma il buonsenso e la simpatia del popolo sarano dalla nostra quando dimostreremo di dare la caccia alle ricchezze accumulate alle sue spalle, perchè per essere oscenamente ricchi occorre aver sfruttato il sudore e il sangue della povera gente.»

«Come fummo arditi in battaglia, con l'istinto insofferente radicato nell'animo, noi siamo sempre i ribelli. [...] Il campo è ormai ben delineato: lavoratori da un lato, parassiti, energumeni e aggressori dall'altro. [...] Noi Arditi, che non ci vendemmo né prostituimmo, noi che restammo incontaminati dalle imperialistiche passioni, reparto anarchici per eccellenza [...] noi sovversivi nel senso più vasto della parola, non daremo mai il nostro braccio per le tirannie...»

Nessun commento:

Posta un commento