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20 aprile 2013

Pino Cacucci - Nahui

Sono rimasto spiazzato da questo romanzo, scritto da quel Pino Cacucci che è maestro nei racconti brevi e nelle storie di personaggi e che attraverso di esse ho imparato ad amare. Ma l'impasse iniziale nel trovarsi di fronte qualcosa di inesplorato lascia il posto, una volta conclusa la lettura, alla consapevolezza che questa è una delle sue storie, Nahui uno dei suoi personaggi, il Messico e la sua rivoluzione il suo sfondo naturale. No, nemmeno qua Cacucci si smentisce, sfoderando un romanzo la cui figura centrale lo totalizza completamente.
Forse non è uno dei suoi migliori libri, dal mio punto di vista, ma è un libro vivo, dinamico, vibrante, altamente crudele ed a tratti persino erotico.
La vicenda qui narrata è quella di Carmen Mondragón, ragazza divenuta donna, di famiglia militare ed aristocratica coinvolta in colpi di stato e appoggi a dittature, della sua ascesa e del suo declino sociale. Nahui Olín è l'alterego della Carmen che in casa viveva un legame tragicamente incestuoso con il padre: «Per lasciare Manuel, mio padre, sposavo Manuel, quel señorito meschino e imbelle...» Era il suo nome d'arte, conosciuta così negli ambienti culturali di Città del Messico: lei pittrice, poetessa, compositrice ed autentica musa di tutti gli artisti che entrassero in contatto con il suo incredibile fascino. Era diventata una diva, nonostante un matrimonio ambiguo almeno quanto il marito ed una maternità terminata con un dramma irreparabile. Sullo sfondo di un Messico caldo e tormentato, Nahui ha sempre avuto il merito di saper vivere al limite tutte le esperienze che la vita le mise davanti. Mille storie d'amore hanno allietato le sue notti, alla ricerca di un piacere che consisteva in una scoperta continua, non puramente fisica, ma personale. Ricercava il più alto significato di godimento, che durante il giorno le permetteva di scrivere e dipingere, ma che soltanto di notte si scopriva fatalmente: «Ho un corpo così bello che non potrei mai negare all'umanità il diritto di contemplare quest'opera.»
Fino ad arrivare al suo declino. Un declino sociale, non umano, perchè anche se la sua fisicità, il suo erotismo innato resta ormai impresso solamente nelle fotografie che vendeva lungo l'Avenida Madero al suo tramonto, la mente di questa splendida donna rimase lucida ed acuta fino all'ultimo giorno, fino a quando non si addormentò per sempre. Senza rimpianti, malgré tout.


«Manuel sarà stato anche un colto e raffinato figlio di puttana, un giovane ambizioso che mi stava usando per aprirsi la strada, un elegante profittatore dai modi garbati, tutto quel che si vuole, ma... almeno avrebbe apprezzato il mio corpo, di questo ero certa, e il resto non importava »

«"Il tuo corpo è la tua opera d'arte assoluta e ineguagliabile: lascia perdere le tele e dedicati ad amare". Lei sul momento, nel "parossismo della carne", non se ne curava, poi, quando si metteva a dipingere, lo faceva per se stessa. Dipingeva come faceva l'amore: cercava il piacere, non si preoccupava di darlo. Quello di lui era fin troppo evidente.»

«Ahora sì, Pelona: il sole è alto in cielo e io non ho più voglia di fissarlo, di sentire il peso di doverlo accompagnare nel suo cammino...»

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