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09 gennaio 2013

Las Malvinas son argentinas

Un nuovo accorato appello della Presidenta Kirchner sulla questione delle Islas Malvinas giunge nel giorno del 180° anniversario dell'invasione inglese dell'arcipelago. Con una lettera aperta indirizzata al Primo Ministro britannico David Cameron ed al Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon e pubblicata sui quotidiani inglesi Guardian ed Independent, la presidentessa torna a reclamare a gran voce l'ammaino della bandiera inglese dal suolo argentino e la conseguente restituzione dei territori usurpati.
La richiesta non è certo una novità dato che la questione è sempre stata un punto focale dell'agenda di questo Governo. Nuovamente, la Kirchner richiama all'attenzione del pubblico la Risoluzione ONU 2065 del 1965, con la quale l'Assemblea Generale invitava i due paesi ad intraprendere negoziati per una soluzione pacifica del contenzioso sulla sovranità di quei territori. Risoluzione alla quale però non si è mai dato seguito e che è solamente la prima di una lunga serie che i diversi governi inglesi hanno sistematicamente ignorato.



Il 3 gennaio è una data che ogni argentino non può dimenticare. Proprio quel giorno del 1833 le truppe dell'Impero Britannico invasero l'arcipelago uccidendo i natii, deportando parte della popolazione, edificandovi una base navale e successivamente costituendo una amministrazione coloniale a tutti gli effetti.
Il motivo dell'occupazione che è posta in essere fino ad oggi pare a tutti chiaro: innanzitutto geo-politicamente la posizione delle isole è strategica visto che offre un affaccio diretto al Cono Sud e questo per una potenza coloniale sarebbe già di per se un buon motivo. Ancor di più in considerazione del fatto che è un territorio ricco di materie prime come idrocarburi, che se facevano gola un secolo fa, oggi sono diventate un'assoluta necessità; senza dimenticare l'ingente quantità di petrolio nascosto nel sottosuolo ed in particolare nella striscia di mare fra le isole e l'Argentina.

Come detto, non è certo la prima volta che la questione viene alla ribalta. L'Argentina si è sempre dichiarata usurpata di un suo storico territorio fin dal momento dell'occupazione straniera. La potenza inglese però si è sempre dimostrata tale, respingendo gli attacchi argentini sia diplomatici che armati, come quello tentato nel 1982 all'alba del centocinquantesimo anniversario, dalla giunta militare guidata da Leopoldo Galtieri. Tentativo propagandistico-nazionalista attuato più che altro come extrema ratio per salvare il regime, ma destinato a naufragare in breve tempo sotto i colpi della potente reazione tatcheriana.

La lista delle Risoluzioni e delle Dichiarazioni è lunghissima. Oltre all'Onu infatti sono state numerosissime le Organizzazioni o i singoli Stati che hanno dichiarato il loro supporto alla causa argentina. Il Mercosur (Mercado Común del Sur), l'Unasur (Unión de Naciones Suramericanas), il Gruppo dei 77 e la CELAC (Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños) alla quale partecipano anche paesi aderenti al Commonwealth sono solo alcuni esempi. A questi, lo scorso marzo si era anche aggiunta una lettera che sette Premi Nobel per la Pace (Adolfo Pérez Esquivel, Mairead Corrigan Maguire, Rigoberta Menchu Tum, Desmond Tutu, Jody Williams, Shirin Ebadi, Leymah Gbowee) inviarono sempre al Presidente Cameron, con la richiesta di riaprire i negoziati per la restituzione delle isole all'Argentina.

«Nel 1960 le Nazioni Unite hanno richiesto di porre rapidamente ed incondizionatamente fine al colonialismo in ogni sua forma ed in ogni sua manifestazione», scrive Cristina Kirchner citando la Dichiarazione sulla concessione dell'indipendenza ai paesi ed ai popoli coloniali. Nel 1971 un giovane Eduardo Galeano scriveva che «nell'alchimia coloniale e neocoloniale, l'oro si trasforma in ferraglia e i cibi in veleno». La questione è proprio questa: il colonialismo, quella crudele forma di sottomissione, quella falsa speranza che da sempre cela sfruttamento e depredazione. Dopo 180 anni, questa Vena dell'America Latina è ancora Aperta.


La Nacion // Malvinas/Falkland

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