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18 novembre 2010

Compagni, operai tornate al lavoro

Nasce a Torino l'archivio che raccoglie un secolo di vita nelle fabbriche: manifesti, volantini, fotografie. E così si trovano a convivere, per la prima volta, non solo la voce della lotta ma anche quella del padrone

Un unico, grande scrigno per custodire oltre un secolo di memorie del lavoro. Del lavoro com’era, del lavoro in fabbrica, delle battaglie e delle lotte che attorno al lavoro hanno avuto luogo, delle vittorie e delle sconfitte. Accade a Torino, dove per far nascere l’Ismel, il nuovo archivio comune che verrà presentato il 18 e 19 novembre, hanno unito i loro sforzi protagonisti molto diversi tra loro: il Comune e la Fondazione piemontese Gramsci, la Fondazione Nocentini e l’Istituto Salvemini, col sostegno di Cgil, Cisl e Uil, Unione industriale e Archivio storico Fiat. Così, escono dai cassetti più o meno segreti dove erano custoditi documenti mai visti prima, dai manifesti antisciopero della Lega industriale del 1920 alle lettere con le quali la Fiat ringraziava, sessant’anni dopo, chi «nonostante le pressioni e il clima di violenza» non aveva scioperato.
Volantini e vecchie foto raccontano anche in che modo le diverse sigle sindacali e le aziende hanno cercato negli anni il consenso dei lavoratori e dei cittadini che alla storia dell’Italia industriale guardavano da fuori. Come faceva la Fiom degli anni Cinquanta, che esortava la Fiat a produrre auto popolari, e poi definiva una «grande vittoria» il successo del modello simbolo del boom economico, la Seicento.
O la Cisl, prima tra i sindacati a personalizzare con le foto i manifesti per l’elezione della commissione interna. Un filo lega, al di là dell’ideologia, le icone scelte dai disegnatori chiamati di volta in volta a illustrare manifesti e locandine: ingranaggi, torni, utensili, uomini e donne in tuta, un modo di mostrare il lato rude ed eroico delle macchine e degli operai, il volto duro e grandioso di un Paese che si scontra, si divide, cresce e condivide lo sforzo di diventare una potenza industriale. Uno stile e un linguaggio che richiamano, spesso in modo contraddittorio rispetto alle intenzioni dei promotori, il realismo sovietico, una comunicazione forte e diretta, talora efficacissima.
Al progetto dell’Ismel, del resto, partecipano i principali studiosi della storia del lavoro e dell’industria, da Valerio Castronovo a Giovanni Avonto (il primo presidente, gli altri seguiranno a rotazione), da Sergio Scamuzzi a Gian Vaccarino. L’Ismel avrà presto anche una casa negli ex quartieri militari della città che già ospitano il Museo della Resistenza: la Compagnia di San Paolo ha stanziato sette milioni di euro per ristrutturare gli edifici e digitalizzare cinque chilometri
di documenti e quattrocento aziende stanno aderendo al progetto. «Non si tratta soltanto di conservare — dice Tiziana Ferrero, responsabile dell’identità del nuovo istituto — ma di dare uniformità a un enorme patrimonio che per ora resterà di proprietà dei singoli soggetti. L’obiettivo è divulgare i valori del movimento operaio senza restare sordi a quelli dell’impresa». Torino, insomma, celebra il suo prodotto più celebre, il lavoro.

© Vera Schiavazzi
Cultura - La Repubblica, 14 novembre 2010


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