América Latina, Fútbol, Rock'n'Roll

30 marzo 2010

David Foster Wallace - Oblio

Se qualcuno volesse un saggio della grandezza della letteratura di Wallace probabilmente gli si farebbe aprire questo libro e gli si direbbe di leggere Incarnazioni di bambini bruciati: 3 pagine di pura lucida follia che riescono per un paio di minuti ad estraniarti completamente.
Ma è tutta la raccolta ad avere uno spessore cosmico. Sono otto racconti brevi all'insegna della solita ironia pungente e riflessiva alla quale ci ha abituati l'autore, per esempio in Oblio o in Caro vecchio Neon nel quale vive un rapporto morboso con sé stesso dichiarandosi un impostore sociale fin dall'inizio e basando tutto il resto del racconto sulla raccolta di elementi a suffragio. In questo, fra l'altro, - ironia del destino, ma forse neanche troppo - arriva ad ipotizzare il suicidio come metodo di fuga da quella schiavitù.
Altri elementi che caratterizzano i racconti sono le riflessioni linguistiche e catartiche come in Un altro pioniere, nel quale durante un volo aereo viene raccontata quella che può essere definita quasi una parabola pagana ed ante-litteram sui pericoli della devozione e dell'onnipotenza, con risvolti di critica puramente politica (nel senso dell'arte e astuzia del governare).
Le visionarie esperienze sono riconducibili al fantastico L'anima non è una fucina, dove viene mirabilmente narrata la storia dei quattro ostaggi involontari alle prese con voli pindarici, immaginazione a livelli estremi e un insegnante in preda ad una follia omicida che ci regala un crescendo di pathos e concentrazione.
L'impressione che mi ha dato Wallace in questi racconti è stata quella di riuscire a costruire una cornice intorno ad essi, all'interno della quale elaborare una tela - un po' come i riquadri illustrati della rete metallica della finestra di quest'ultimo racconto, nei quali il Wallace bambino costruisce con la fantasia le situazioni più disparate - dipingendo di volta in volta le sfumature di una storia intricata, - sorprendente o irrilevante non importa in realtà - e paradossale nella sua allucinante normalità.


«A quell'epoca, il personale insegnante e amministrativo sembrava non rendersi conto che il lavorio mentale di quello che loro definivano sognare a occhi aperti spesso richiedeva più sforzo e concentrazione di quanto ne sarebbe stato necessario per limitarsi ad ascoltare la lezione. Non è un problema di pigrizia. E' semplicemente un lavoro che non coincise con quello previsto dal programma scolastico.»

«Una volta, quando frequentava il primo anno alla Cornell University, Scott R. Laleman era incappato in un incidente al laboratorio del dipartimento della American Chemical Society dove aveva respirato del gas inerte, e per diversi giorni era andato in giro per il campus con una rosa stretta fra i denti cercando di coinvolgere in un tango chiunque incontrasse, insistendo perchè tutti lo chiamassero Il magnifico Enriqué, finchè un certo numero di suoi confratelli non si era riunito facendolo tornare in lui a suon di sganassoni, ma molti rimasero dell'idea che non era più lo stesso dopo il gas inerte.»

«Perchè è vero che gli avvinimenti più vividi e duraturi della nostra vita sono spesso quelli che avvengono alla periferia della nostra consapevolezza.»

«Il paradosso dell'impostura era che più tempo e più impegno mettevi nel cercare di far colpo sugli altri o di affascinarli, meno sorprendente o affascinante ti sentivi dentro: eri un impostore. E più ti sentivi un impostore, più ti sforzavi di offrire un'immagine sorprendente o piacevole di te stesso per evitare che gli altri scoprissero che razza di persona vuota e disonesta eri per davvero.»

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