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26 novembre 2009

Blaxploitation - Black Culture&Music


Anni '60. Gli Stati Uniti poco democratici fra Kennedy e Johnson. I ghetti in subbuglio, le Pantere Nere depositarie degli istinti e delle rivendicazioni della popolazione afroamericana sottomessa e discriminata sia socialmente che politicamente.
E' da questo contesto che si sviluppa un nuovo filone cinematografico che ci regalerà nella prima metà dei ’70 una serie di cult movie indimenticabili. Esso avrà vita relativamente breve, ma non per questo è da considerare minoritario o poco influente, anzi sarà anche omaggiato decenni più tardi da registi come Spike Lee e Quentin Tarantino.
Questo nuovo stile cinematografico riprende i desideri di emancipazione del mondo nero americano e lo sdoganamento del paradigma tipico del cinema hollywoodiano, ovvero il protagonista bianco-eroe. Questi film erano interpretati da attori principalmente afroamericani e avevano il fine di restituire un messaggio, più che di speranza, di un vero e proprio riscatto della cultura nera dallo sfruttamento e dalla ghettizzazione sia fisica che morale nella quale si trovavano (e spesso si trovano tuttora) queste comunità.Il termine con il quale vengono identificati è Blaxploitation (black: nero; exploitation: sfruttamento) e viene attribuito a numerose pellicole girate fra il 1970 e il 1977 (salvo poi venire ripreso negli anni ’90). Altre decisive caratteristiche che accomunavano questi film erano la presenza di violenza e sesso esplicito, spesso accompagnati da storie noir-poliziesche di mafia e assassinii. L’ambiente tipico, ovviamente, il sobborgo o il ghetto del nord America.














Fra tutti i film ispirati alla Blaxploitation è d’obbligo ricordarne un paio:
Sweet Sweetback’s Baadasssss Song (Melvin Van Peebles, 1971), girato con un cachet di 150.000 dollari ne incassò più di 15 milioni, è considerato il primo del genere. La colonna sonora è curata dallo stesso regista con la partecipazione degli Earth, Wind & Fire.
Shaft (Gordon Parks, 1971), fu un successo sia di pubblico che di critica e lanciò definitivamente il genere. Ricevette anche un Oscar per la miglior canzone e un Golden Globe per la miglior colonna sonora curata da Isaac Hayes.










L’importanza rivestita da questi film risiedeva anche nella loro colonna sonora. Erano questi i film che per eccellenza incarnavano la creatività della black music americana: per la prima volta soul, funk, r&b fino al gospel entravano nelle colonne sonore prepotentemente fino a diventarne un tratto caratterizzante. Dai già citati E.W.&F. insieme a M.Van Peebles in S.S.B.S. e Isaac Hayes in Shaft a James Brown in Black Caesar (1973) solo per fare alcuni nomi. Ma la lista sarebbe lunghissima e comprende nomi del calibro di Taj Mahal, Solomon Burke, Al Kooper (Blood, Sweat & Tears), The Blackbyrds, Marvin Gaye (Trouble Man, 1972), Curtis Mayfield (Superfly, 1972, un altro cult del genere) e ovviamente molti altri.

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